Poltrona Frau alla Haworth
(USA), un'azienda del Chianti (Cina), il 25% di Riso Scotti
a Ebro Foods (Spagna), Pelati AR alla Princes, controllata da
Mitsubishi (Giappone), il 75% della Star a Gallina Bianca
(Spagna), Eskigel, produttore di gelati per la GDO in mani
inglesi, Parmalat alla Lactalis (Francia), il 70% di Gancia
a Rustam Tariko (Russia), Fiorucci salumi alla Campofrio Food
Holding (Spagna), il 49% della Eridania a Cristalalco
(Francia), il 95% della Boschetti alimentare alla Lubersac
(Francia), il 29% di Giovanni Ferrari casearia alla Bongrain
(Francia), Delverde alimentari alla Molinos Delplata (Spagna),
Bertolli a Unilever e poi alla spagnola Sos, Salumificio
Rigamonti divenuta di proprietà dei brasiliani attraverso la
società olandese Hitaholb international, Orzo Bimbo,
a Nutrition&Santè del gruppo Novartis, Italpizza
all'inglese Bakkavor Acquisitions Limited, Galbani
alla francese Lactalis, Carapelli
al gruppo spagnolo Sos, Sasso
al gruppo spagnolo Sos, Fattorie
Scaldasole
a Heinz, poi acquisita dalla francese Andros,
Peroni
all'azienda sudafricana Sabmiller, Invernizzi
alla francese Lactalis, dopo che nel 1985 era passata
alla Kraft, Locatelli
a Nestlè, poi acquisita dalla francese Lactalis, San
Pellegrino,
alla svizzera Nestlè, Stock,
alla tedesca Eckes a.G., poi acquisita dagli
americani della Oaktree Capital Management, Antica
gelateria del corso,
Buitoni,
Perugina
alla svizzera Nestlè, Bulgari, Fendi,
Loro Piana, Emilio Pucci alla Lvmh (Francia),
Pomellato, Richard Ginori, Bottega Veneta,
Sergio Rossi alla Kering, Valentino, Pal Zileri
alla famiglia reale del Qatar e – notizia di oggi – Krizia
a Shenzhen Marisfrolg Fashion (Cina)...e chi lo sa quante altre ce ne sono.
E' vero, negli ultimi anni anche buona
parte degli italiani ha capito – e si è indignata – riguardo molti
marchi del cosiddetto made in italy (volutamente tutto minuscolo) che in
realtà non lo erano affatto... ma comunque, sia dovuto alla
crisi, alle leggi di mercato o a chissà quale altra serie di cause,
questa deriva di marchi acquistati/controllati in tutto o in parte da
aziende e/o multinazionali estere somiglia ad un'ecatombe.
Meno male che ci sono ancora molti
artigiani che, a dispetto di tutto e tutti, resistono e continuano a
dare un significato reale al concetto di Made in Italy (stavolta
tutto maiuscolo).
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